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2001/01/01

Vorrei

La dura corazza di una tartaruga
per trovarvi rifugio e
isolarmi dal mondo
quando lo sento nemico.

L’ispido manto del riccio
da offrire a chi mi vuole ferire.

Le viscide scaglie di un pesce per
far scivolare via il veleno delle parole.

Il morbido pelo di un gatto
da offrire a chi mi vuole bene.

La setosa pelle del serpente
per accarezzare chi amo.

La buganvillee che guarda il lago

La buganvillee che guarda il lago.
Ne vidi la fioritura di molte stagioni.

Lei vide i bambini correre nel prato,
sentì le risa di molte età,
vide una donna invecchiare e morire.

Lui no, non lo vide quel giorno d’agosto
lasciare per sempre la casa e la vita.
Troppo esile il suo giovane stelo,
troppo freschi i suoi primi germogli.

La buganvillee che guarda il lago
oggi vede le mie lacrime,
ma lo stelo ora è più forte.

Gabbia aperta

Che ti hanno fatto amica mia?

Come un animale in gabbia
aggrappata alle sbarre
aspetti il tuo guardiano.

Delusa, amareggiata,
aspetti quel guardiano distratto,
sordo ai tuoi appelli,
incapace di prendersi cura
di una creatura.

E non ti accorgi,
immersa nel rancore,
che la porta è invero aperta,
che puoi uscire e
incontrare altre creature imperfette,
ma capaci di dare,
per un giorno o una vita,
senza vincoli né promesse,
ne tanto meno certezze.

Tu che con tenacia e sacrificio
da anni costruisci mattone su mattone
la tua vita,
ora sei arrivata al tetto.
Esci dalla gabbia ed
entra nella tua casa.

Il tempo

Il tempo, il grande nemico
che consuma i nostri corpi.

Affievolisce le passioni.

Scolora i toni della giovinezza.

E non si ferma, non si ferma mai.
nemmeno nelle più belle stazioni della nostra vita,
inesorabile prosegue lasciandoci solo il melanconico ricordo
degli incanti perduti.

Il tempo, il grande amico
che attutisce lentamente anche i più grandi dolori.

Cicatrizza pian piano tutte le ferite.

Ricama le mille sfumature dei colori della vecchiaia.

E non si ferma, non si ferma mai,
nemmeno nei più buoi e freddi tunnel della nostra vita,
misericordioso prosegue costringendoci ad inseguire la vita.

Il tempo che come un ladro ci rubò i giorni passati,
oggi ci regala il presente.


Il fiore e la farfalla

Fermati, disse il fiore alla farfalla.
Posati sui miei stami e non pensare a domani.
La farfalla si posò.
Il sole la scaldò in inverno e la bruciò in estate.
Si rinfrescò con la pioggia, si addormentò sotto la neve.
La grandine ferì le sue ali,  poi la rugiada lenì le ferite.
Il vento leggero la accarezzava, ma a volte soffiava così forte da farla volar via.
Tienimi, diceva allora la farfalla al fiore.
E i petali le si chiudevano come braccia intorno,
fino a che l'alba non portava un nuovo, incognito, giorno.

Etna

Luoghi che mi incantano, luoghi che mi stupiscono.
Nessuno, mai, come l’Etna.
Toccare la terra  e sentirla calda, immergersi nel suo caldo alito di vapore.
Appresso toccare il ghiaccio, sferzati da raffiche di gelido vento.
Il mare, così lontano, tremila metri più in basso, così vicino da poterne vedere i bagliori.
Pendici aride e brulle, e la magia di centinaia di coccinelle rosse come il fuoco sulla nera terra.
L'Etna come gli eccessi della mia natura.
Il gelo dei miei silenzi, il calore delle mie passioni.

Donne

Ragazza mia,
che piangi il tuo primo dolore,
rasserenati e sorridi alla tua migliore amica, la speranza.
Fresca e viva come la tua giovinezza, ti prenderà per mano
e ti presenterà il tuo prossimo amore.

Donna mia,
che piangi il tuo ultimo dolore,
rassegnati e chiudi le porte a colei che ti è nemica, l’illusione.
Bruciata in questo ultimo incendio dove del demonio persino
non è rimasto che un pugno di cenere.

Vecchia mia,
che rimpiangi il tempo perduto,
consolati con ciò che al mondo ancora puoi dare.
Sorrisi e saggezza e la storia di una vita che ha visto anche amori sfiorire,
ma i frutti, quelli si, ci son stati.

Un altro mare

Consumammo tutte le parole.
Versammo tutte le lacrime.
Una fitta nebbia ci avvolse e nulla vedemmo più, nemmeno noi stessi.
Poi lentamente emergemmo in un altro mare, ed era ancora acqua e sale.
Vedemmo di nuovo il sole e ancora percorreva il cielo da levante a ponente.
Vedemmo di nuovo le stelle e continuavano a non darci risposte.
Vedemmo di nuovo la luna e ancora illuminava la nostra inquietudine.
Vedemmo di nuovo noi stessi scappare dalle nostre paure,
soffocare i nostri dubbi e perderci in un altro mare.

Vulcani

Le nostre bocche come vulcani.
Parole incandescenti spinte da un' incontenibile pressione.
Lente e pesanti come magma, esplosive come lapilli lanciati con il fragore della rabbia.

Poi, alleggerito il peso del risentimento, placata la furia degli interni elementi,
un'altra forza ci spinge a ristabilire il delicato equilibrio delle emozioni.

Con pazienza e dedizione, a quattro mani riallacciamo i fili in un altro nodo,
per continuare a tessere la tela di questo strano e imperfetto amore.

La luna, il mare, il cuore e il gattino

Fermati, disse un giorno il sole alla luna.
Fermati, dissero un giorno i pesci alla marea.
Rallenta, disse un giorno il cervello ad un cuore innamorato.
Non tremare, disse un giorno un bambino a un gattino impaurito.

Ma la luna continuò il suo girare tra la terra e il sole,
mostrando a volte la sua faccia luminosa e allegra, altre la sua faccia buia e cupa.
Il mare continuò nel suo lento respiro a protendersi verso il cielo
per poi rifugiarsi di nuovo negli abissi.
Il cuore batté forte finché ci fu amore ad alimentarlo.
Il gattino smise di tremare solo quando il bimbo lo prese tra le braccia.

Quando la luna non ti sorride, dalle il tempo di completare il suo giro.
Quando la marea si alza, cavalcane l’onda per arrivare oltre gli scogli.
Quando il mare si ritirerà, scoprirai nuovi e inesplorati fondali.
Con i ritmi alterati del cuore innamorato componi una nuova musica.
E del gattino ormai caldo, goditi le fusa.

Snoopy

Ad un buffo concorso vincesti il terzo posto.
"Cane di pelo viola", dissero.
Certo la foto che mandai non rendeva onore al tuo mantello.
Colore del pepe mischiato col sale.
Come tua padroncina fui molto distratta.
Troppo presa nella mia adolescenza dai primi turbamenti d’amore.
Troppo presa nella mia giovinezza dai primi ideali per un mondo migliore.
Tu, invece, fosti un cane socievole e simpatico, per nulla snob a dispetto del tuo nobile pedigree.
Alla fine eri molto malato e forse non fu solo egoismo,
ma fui io a decidere che quello era il tuo ultimo giorno.
Sono passati anni, ma ancora mi chiedo: come ho potuto farlo?
E solo oggi, in questo preciso istante, mentre guardo quella foto,
mio caro amico cane di pelo viola, io mi perdono.